28 luglio 2010

Romanzo "A" - Cap. 1.1

1- E' tempo di cambiare

   Sto guidando da quasi un’ora. La mia auto fila veloce su stretta strada provinciale in aperta campagna, costeggiata alberi che, immagino, nel periodo estivo le diano un bell’aspetto. Oltre, solo campi. Fino all’orizzonte.
   Strana sensazione. Mi sembra di essere in un film di fantascienza e attraversare una bolla spazio-temporale che divide una promessa per il futuro dai resti del passato: attorno a me terra brulla, che è stata e che sarà nuovamente fertile, letto di coltivazioni attualmente a riposo per l’inverno.
   Il cellulare squilla riportandomi bruscamente alla realtà Il bluetooth si attiva, abbassando automaticamente il volume della radio.
   «…dimmi…»
   «Anna Giulia, sei tu?»
   «…»
   «Ciao, sono Fabio.»
   «…lo vedo…»
   «Mamma mia, che luna! Ma tu, un po’ rilassata lo sei mai?»
   «…che vuoi?»
   «Ricordo che volevi andare a Villa Maria. Io oggi sono a casa e Sofia è da mia madre. Se vuoi, ti posso accompagnare. So che non ti piace andare lì da sola. Che dici? Ti passo a prendere? Per me non è un disturbo, anzi. Potrei arrivare tra un quarto d’ora e… Anna, ci sei?»
   «Non serve. Sono già qui. Ciao.»
   Chiudo la telefonata senza attendere una possibile risposta, lasciando che la mia auto continui a viaggiare lungo questa strada grigia. La radio riprende il volume originario e diffonde una vivace canzonetta. Ma questi stupidi ritornelli non dovrebbero far parte solo delle vacanze estive? Cambio più volte canale, poi la spengo senza rimpianti: non sopporto le trasmissioni frivole con speaker che sparano sciocchezze a trecentosessantagradi, intrattenitori improvvisati di impotenti guidatori oppressi da lunghe ore di viaggio. Ma qui si prendono solo radio locali. Meglio il silenzio. Vorrei solo potermi rilassare. E, magari, guidare su un asfalto meno dissestato.
    A volte capita di essere stanchi, di non comprendere i meccanismi della vita, di domandarsi in quale punto dell’universo sarebbe meno difficile la nostra esistenza. Ora è proprio così che mi sento: naufraga nel mare della quotidianità, attorniata da squali voraci, alla ricerca di un’isola capace di darmi un attimo di tregua.
   Lo chiamano il male del ventunesimo secolo, ma credo sia qualcosa che, nonostante l’epoca vissuta, si insinui nell’animo di ogni essere umano. Almeno in quello di chi non ama la tranquilla banalità, di chi vuole vivere a cavallo di un focoso destriero, di chi non sta seduto ai margini di una strada di periferia nell’attesa di chissà cosa.
   Io non ho mai voluto adagiarmi lasciandomi trasportare dagli eventi, ma ho sempre cercato di dare il meglio di me con fantasia e curiosità, anche trasmettendo questa mia filosofia a chiunque entrasse nella mia sfera di vita: familiari, amici, colleghi o semplici conoscenti. Adesso, però, è arrivato il momento di tirare le somme e mi rendo conto che, forse, ho solo disperso le mie forze in tante (troppe?) direzioni.
   E adesso?
   Ho bisogno di riflettere. Di capire.
   Ho sempre creduto che siamo ciò che eravamo. Una mela non cade da un albero di fichi, una balena non risale la corrente, da una pecora non nascono leoni.
    Ma io? Chi sono? Da dove vengo? Qual è il mio albero?
   Se mai incrociassi qualcuno che sappia leggere il pensiero, in questo momento crederebbe di aver intercettato i malumori di una teenager, ma sbaglierebbe. Ho cinquant’anni, o meglio, tra una settimana sarà il mio cinquantesimo compleanno. Come potranno starci così tante candeline su una torta? E quanto fiato sarebbe necessario a spegnerle tutte in una volta, per poter vedere il proprio desiderio realizzato? Ma io ho un desiderio da realizzare?
   Domande, domande, domande… Non pensavo di averne così tante nella mia testa. Ho girato il mondo, provato ogni cibo conosciuto, affrontato situazioni difficili e portato a termine progetti sorprendenti. Sono apprezzata sul lavoro e i corteggiatori non mi sono mai mancati. Sono un vulcano di idee e la mia vivacità ha sempre dato energia a chiunque nelle vicinanze. Mai ferma, mai rilassata, aborro ogni forma di pigrizia. Ma quando, alla sera, chiudo la porta del mio appartamento, il glaciale rumore della stanza risuona nella bocca dello stomaco. È un’eco che segue i miei passi, che si sente anche mentre sfilo gli abiti da lavoro, che non smette nemmeno dopo aver tolto le scarpe con i tacchi, quelle che rendono le mie gambe così sexy, che non rimane fuori neppure dalla camera da letto, che mi perseguita perfino sotto la doccia, mentre le gocce d’acqua cadono sul mio corpo, scivolando a terra. Stridendo.
   E nelle orecchie risuona il vuoto.
   Mobilio di design, degno delle migliori riviste d’arredamento, quadri d’autore e stampe a tiratura limitata, complementi di gran classe: non mi sono fatta mancare nulla, in questo appartamento. Nemmeno l’impianto stereofonico ad alta qualità. Ma non sono riuscita a vincere il nulla. Che incombe. Che opprime.
   Cambiare vita.
   Quante volte l’ho pensato? Ma poi? Mi spaventa solo immaginare di abbandonare tutto ciò che ho, quello per cui ho lottato per tanti anni, il ruolo di prestigio che ho raggiunto nella vita e nel lavoro. Mi sento vigliacca.
   Una notte ho sognato nonna Maria. Mi trovavo nella sua casa. Lei si avvicinava a me con quel sorriso che non ho mai dimenticato, tendendomi le mani. Non so in quale stanza della casa mi trovassi, ma ricordo la sensazione di pace e serenità che lentamente si impadroniva di me man mano che lei si avvicinava, spazzando tutto il malessere provato fino al quel momento. Poi il suo abbraccio e quel groppo alla gola che si scioglieva. Mi sono svegliata singhiozzando e, tra le lacrime, ho deciso di tornare a Villa Maria. Solo una visita, tanto per vedere com’è dopo tanti anni la vecchia casa di famiglia, mi sono detta. Ma quando l’ho vista, chiusa da anni e trascurata dalla mancata manutenzione, mi sono sentita in colpa e ho pensato alla sua ristrutturazione.

(...continua...)

2 commenti:

Tomaso ha detto...

bello questo raccont, vedo che continua credo che lo copierò in un file per poi aggiungere le prossime puntate... pensa avrò un romanzo scritto da te! cosa ti pare la mia idea?
Buona serata cara Kimi,
Tomaso

Susanna ha detto...

Grazie Tom!
Stai diventando il mio fan numero Uno! ^_^
Tieni presente, però, che il romanzo è ben lontano dall'essere finito! Non sono nemmeno a metà.
Purtroppo.

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