30 luglio 2010

Romanzo "A" - 2.1

(...continuazione...)

2 - Il Diario di Nonna Maria. Infanzia e scuola.


   Mi chiamo Maria Vianello. Sono nata a Venezia e propriamente nell'isola della Giudecca il 15 agosto 1895, giorno della Madonna Assunta in Cielo.
   Mio padre si chiamava Giovanni ed era nato a Pellestrina, un’altra delle isole di Venezia. La mamma invece si chiamava Anna Milletich ed era nata a Pola. Se tutti i miei fratelli fossero sopravissuti, la mia famiglia sarebbe stata molto numerosa: fra vivi e morti, mamma partorì sedici figli.
    Per tutta la mia infanzia, fino al matrimonio, ho abitato alla Giudecca, in Calle dell'Olio numero 457. La mia casa era molto grande e con la mia famiglia abitavano anche lo zio Sante, la moglie Anna Vianello con i loro quattro figli Amedeo, Giovanni, Attilio e Narciso.
   Il papà, era rimasto orfano del padre a undici anni. Il nonno alla sua morte aveva lasciato alla vedova e i figli, un veliero che si chiamava Stella d'Italia. Questo però era in cantiere perché doveva essere riparato. Mio padre dovette fare il capo famiglia perché era più vecchio del fratello Sante di due anni. Ben presto, in seguito ad accurati studi, divenne Capitano Marittimo e Armatore. In breve tempo, grazie al suo scrupoloso ed assiduo lavoro, poté acquistare altri velieri in società con il fratello. Di alcuni ricordo ancora il nome: oltre a Stella d'Italia, che era stata lasciata in eredità dal padre c’era Stella Polare, I Quattro Fratelli, Maria Maddalena, e infine Necai.
   Mio padre era un appassionato del mare. Per parecchio tempo guidò or l'uno or l'altro dei suoi velieri scongiurando i pericoli e le nere tempeste. Purtroppo gli affari non andarono sempre bene: più di qualche volta successero nei guai. La causa? Capitani inesperti o molto distratti e invidiosi che arrivavano con il velieri su qualche scoglio o in qualche secca.
   Ricorderò sempre l'anno 1903.
   Avevo allora appena otto anni. Abitavamo ancora nella vecchia casa, prima della ristrutturazione. La mamma aveva appena ricevuto i soliti telegrammi che le annunciavano la partenza dai rispettivi porti di tre velieri. Ad un tratto si scatenò un furioso temporale e la mamma, che stava preparando il pranzo, ci raccolse attorno a sé e ci fece recitare le litanie della Madonna. Più tardi sapemmo che tre dei nostri velieri avevano naufragato. Di uno di essi non si era salvato nessuno dell'equipaggio. In quel veliero c'era anche il figlio del capitano, che aveva voluto portarlo con sé per premiarlo d'aver ottenuto il certificato di compimento superiore. Il papà, per puro caso, non viaggiava più in quell'epoca perché doveva occuparsi dell'amministrazione. Un mio cugino, che si trovava per combinazione in uno dei velieri che hanno naufragato, rimase per qualche giorno sopra ad uno scoglio. In attesa della Provvidenza Divina. Sebbene fossi ancora piccola, rimasi molto scossa per il susseguirsi di queste disgrazie.
   Più tardi, quando mio padre fu più sereno, acquistò un mulino verso la fondamenta della Giudecca e il terreno adiacente alla nostra casa. In breve tempo sorsero così due nuovi fabbricati: uno fu occupato da mio zio Sante e famiglia, il secondo fu abitato da noi. Al posto poi della grande terrazza che guardava le fondamenta sorse una terza abitazione che fu affittata. Sottostante a questa, sorsero pure due negozi che vennero ugualmente affittati. Ogni abitazione era rallegrata da un magnifico scoperto alberato.
   A quell'epoca frequentavo le classi elementari con ottimo profitto tanto da meritarmi alcuni premi. Le mia insegnante delle elementari si chiamava Signori. Avevo allora uno dei miei fratelli, Antonio, che frequentava il seminario a Este. Egli mi voleva molto bene. Ricordo di lui con rammarico perché in terza elementare, per sbaglio, mi misero sulla pagella un 9 in condotta: ricevetti un rimprovero da mio fratello. Quanto piansi quel giorno! Mi chiusi nel mio studio e non volli più neppure uscire per mangiare.
   Un altro triste ricordo conservo di mio fratello. Un giorno arrivò a casa dal seminario con un forte mal di capo. La mamma, in quell'occasione, gli unse il capo con una fettuccia benedetta della Beata Giuliana della quale viene conservato il corpo intatto in una nicchia della chiesa parrocchiale di Santa Ofelia alla Giudecca. Mi sembra ancora di vedere mio fratello seduto in un angolo accanto alla credenza. Dopo qualche giorno fu colpito da un male inesorabile: la meningite fulminante. Subito perdette l'uso della favella e quando, dopo sette giorni di cure assidue e di assistenza mai interrotta da parte della mamma, fu constatato il decesso, questa a viva forza fu fatta uscire dalla stanza. Se non che, mentre stavano sigillando per obbligo la camera, mio fratello chiamò: mamma! Questa si precipitò subito nella stanza e, sperando in un miracolo, sorvegliò il suo amato figlio per altre ventiquattro ore. Dopo di che il poveretto ci lasciò definitivamente, maggiormente addolorati.
   La mia cara mamma, dopo questa dolorosa perdita, si riebbe molto lentamente. Ne aveva perduti ancora altri figli, ma molto più piccoli. La morte di mio fratello Antonio le lasciò un solco indelebile nel suo cuore!
   Qualche mese dopo nacque un altro bambino al quale fu imposto ugualmente il nome di Antonio. Questi visse 21 giorni e guarda caso strano: nacque di lunedì, al lunedì successivo fu battezzato, al terzo lunedì poi morì. E volete sapere di più? Nacque alle ore 15, alle 15 della settimana dopo fu battezzato e alle ore 15 della terza settimana, per completare il fatto stravagante, spirò.
   A nove anni frequentai regolarmente e con molto profitto la quarta elementare, ma l'anno seguente non volli frequentare la quinta: mi incaponii di frequentare la scuola di ricamo dalle suore Canossiane ai Catecumeni, istituto nelle vicinanza della Chiesa della Salute.
   Feci propria questa decisone, perché volli seguire l'esempio di mia sorella Maddalena, chiamata da noi tutti Lena, di due anni più anziana di me che frequentava tale scuola già da due anni. Ben presto feci molto progresso. Il ricamo che più mi avvinse fu il ricamo antico del sedicesimo secolo e che ci fu importato dagli arabi. In questa scuola si eseguivano lavori per conto proprio e anche su commissione. Mi ricordo di aver fatto alcuni lavori alla mia povera sorella all'Adele, la maggiore, che doveva allora sposarsi. Se qualche volta mi veniva l'idea di eseguire un lavoro per conto mio bisognava che la suora mia insegnante mi accontentasse anche se c'era urgenza prima di eseguire qualche lavoro su commissione. Per non abbandonare completamente lo studio, frequentai la quinta festiva e mi ricordo di aver ottenuto dalla signora Stucky, proprietaria del mulino che esiste ancora alla Giudecca, e di una villa a Mogliano Veneto, un premio di Lire 30. A quell'epoca tale cifra rappresentava una bella somma!

(...continua...)

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